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Orientamento Terapeutico

Il termine "psicologia" deriva dal greco psyché (ψυχή) = spirito, anima e da logos (λÏŒγος) = discorso, studio, letteralmente a indicare quindi lo studio dello spirito o dell'anima.

La Psicologia è una scienza che si occupa dei processi della mente, del comportamento e delle relazioni umane con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita. La psicologia è un sapere che, data la complessità dell’essere umano, si fonda sui risultati della ricerca scientifica e sui contributi delle discipline antropologiche.

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La Psicologia clinica costituisce uno dei diffusi ambiti di ricerca e intervento professionale della psicologia il cui dominio di applicazione concerne i problemi di adattamento, i disturbi di comportamento, gli stati e condizioni di malessere e sofferenza allo scopo di valutarli e prendersene cura con mezzi psicologici per facilitare e sostenere il benessere e lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dell’individuo. In linea con la definizione normativa di psicologo (L.56/1989), la Psicologia clinica si contraddistingue per le teorie, i metodi e gli strumenti di intervento finalizzati alle attività di prevenzione, valutazione, abilitazione-riabilitazione e sostegno psicologico, con particolare riguardo alla comprensione della domanda dell’utente individuale e collettivo (coppia, famiglia, gruppi, organizzazioni e comunità), alla psicodiagnostica e agli interventi di aiuto e sostegno, compresi quelli strettamente psicoterapeutici (che costituiscono un particolare sottoinsieme di modalità di intervento clinico specialistico mirato a forme psicopatologiche più strutturate).

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Il Counseling è un  approccio che ha una visione olistica e ottimista della natura umana basata sul rispetto della persona e sulla fiducia nelle sue potenzialità di recuperare il proprio equilibrio, una visione dell'uomo come agente di scelte, libero e spontaneo. Il suo fondatore è Carl Rogers (1902-1987), psicologo e psicoterapeuta americano. Rogers parte dal presupposto che ogni persona ha una tendenza intrinseca che spinge all'autorealizzazione e ad utilizzare le proprie risorse in modo costruttivo, in presenza di condizioni facilitanti. Il fine della terapia è quello di creare le condizioni favorevoli che permettano alla tendenza attualizzante, la forza di base presente nell'individuo che è all'origine della crescita e dello sviluppo di ogni persona, di operare così che la persona possa crescere verso la propria autorealizzazione.

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​Etimologicamente la parola “psicoterapia” deriva dal greco psyché = anima e theraphéia = cura; essa rimanda quindi al concetto di “cura dell'anima”, nel senso di cura delle funzioni affettive, cognitive e relazionali di una persona, al fine di ridurne la sofferenza o il disagio.

La Psicoterapia è una pratica terapeutica della psicologia clinica e della psichiatria, ad opera di uno psicoterapeuta (psicologo o medico psichiatra adeguatamente specializzati); è un sistema di cura fondato sull'impiego di mezzi psichici (colloquio, analisi interiore  ecc.), conseguiti nell'ambito del rapporto di interazione terapeuta-paziente e diretti essenzialmente a ricostituire o rafforzare l'efficienza funzionale della persona. A tal fine la psicoterapia si avvale di tecniche applicative della psicologia, dalle quali prende specificazione nei suoi svariati orientamenti teorici: psicoterapia psicodinamicapsicoterapia cognitivo-comportamentalepsicoterapia sistemicapsicosintesi, psicoterapia biosistemica, psicoterapia umanisticapsicoterapia con la procedura immaginativa, ecc.

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Il modello Umanistico-Esistenziale ha le sue radici teoriche ed epistemologiche nella Fenomenologia e nell’Esistenzialismo del ‘900. Autori significativi del movimento della psicologia umanistico-esistenziale americana ed europea sono stati in particolare Carl RogersOtto RankViktor FranklLudwig BiswangerMedard BossKarl Jaspers, Rollo May, Eugene Minkowski, fino a Irwin Yalom.  In Italia riconosce nella figura di Luigi De Marchi il suo masggiore esponente perché fu lui a rivendicarne in Italia l’eredità, e da Viktor Frankl soprattutto, una concezione dell’uomo e della vita che rivendica per l’essere umano la possibilità, sia nelle condizioni normali ma anche nelle situazioni più difficili, del diritto e della capacità di scelta. Per molti anni preferì lavorare nell’ambito di indirizzi già affermati, valorizzando il pensiero di Wilhelm Reich, di Carl Rogers e Otto Rank (De Marchi, 1992) per poi negli anni ’80 sviluppare un approccio originale alla sofferenza psichica umana e alla ricerca delle sue origini più profonde e nascoste. Suggerì che il nucleo centrale della sofferenza psichica umana – che si accende nei vissuti di paura, nel senso di mancanza di difese e di solitudine, nei disturbi mentali e nelle malattie somatiche – risieda nel sentimento di angoscia provocato dalla consapevolezza della morte insieme alla volontà ferrea anche se non sempre consapevole di rimuovere questo pensiero (De Marchi, 1983). L’approccio esistenziale verte intorno al riconoscimento di questa tematica, ma si apre anche a una risposta umana sviluppando un atteggiamento di compassione e solidarietà tra persone. Il rapporto tra terapeuta e paziente – oltre alle consuete proprietà tecniche e professionali dell’operare e del relazionarsi – si arricchisce pertanto di questa più rilevante dimensione, integrando gli aspetti della psiche con quelli corporei ed esistenziali.

Pertanto, il termine “umanistico” è inteso nel senso dell’umanizzazione delle cure e rimanda al rapporto della relazione attuale con la persona malata, mentre il termine “esistenziale” applicato al rapporto terapeutico sottolinea la priorità del progetto di sé nella traiettoria dell’esistenza. Questo metodo permette meglio di altri di cogliere il valore personale e irripetibile della storia della singola persona, e di scoprire che cosa abbia dato “senso” alla propria vita e come essa possa andare verso il futuro.

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All’interno di una cornice relazionale umanistico-esistenziale, il modello Biosistemico fa riferimento alle più solide ricerche nell’ambito delle neuroscienze affettive, e utilizza tecniche di intervento sia verbali (top-down) che corporee (bottom-up) orientate alla regolazione emozionale, al fine di ristabilire la connessione tra la componente cognitiva, senso-motoria e relazionale dell’individuo. In quest’ottica, mente, corpo e relazioni sono i termini chiave per la valutazione del benessere dell’individuo che viene accolto e osservato nella sua interezza psicosomatica e relazionale. Il metodo Biosistemico consente di intervenire con efficacia in contesti individuali, di coppia e di gruppo con un modello psicocorporeo che permette di leggere ed integrare l’affascinante complessità dei fenomeni relazionali, con strumenti che permettono di connettere le parole allo scenario globale fatto di movimenti, gesti, posture, sensazioni ed emozioni.

 

Il modello Immaginativo permette di offrire alla persona una modalità di ricostruzione delle proprie emozioni meno diretta di quella linguistica che viene più facilmente controllata dai processi inibitori della coscienza. Le immagini sono spesso cariche di valenze emotive che l’individuo non riesce immediatamente a decodificare ed esprimere in parole, ma che percepisce direttamente in termini di sensazioni. La presa di coscienza delle proprie conoscenze emozionali si attua, in questo modo, prima attraverso un "sentirle" e un riviverle direttamente (e spesso intensamente), nel qui e ora del setting, e solo successivamente attraverso il tentativo di traduzione e di espressione verbale delle proprie sensazioni.

L'immaginazione può facilitare l'accesso delle persone alle loro conoscenze inconsapevoli e talvolta proprio la conoscenza delle emozioni, radicate profondamente nel corpo e nelle strutture del sistema nervoso, è più facilmente traducibile in immagini piuttosto che in parole. La fantasia guidata permette l’accesso a livelli molto profondi della vita emotiva, ma permette anche l’esplorazione del movimento e dell’azione. Nell’immaginazione l’attivazione del sistema sensoriale è reale, come accade per esempio se rievochiamo episodi traumatici, possiamo essere fiduciosi che ciò che accade nel sistema delle immagini ha una sua realtà piena.​

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Il modello Olistico  è l’arte e la scienza di curare l’essere umano come unità di corpo, mente e spirito. Olistico deriva dal greco olos (á½…λος) = tutto, intero; l’olismo è dunque un modo unitario e organico di vedere la realtà, l’essere umano e l’esistenza.

La salute globale è innanzitutto un processo per ritrovare se stessi. Il termine sanscrito per salute/sano è Svastha che letteralmente significa "stabilizzarsi nel sé", "nella condizione propria a se stessi", “ritrovare le proprie radici”, “ritrovare il proprio centro”. La salute quindi viene considerata come una condizione naturale dell'uomo, mentre la malattia è vista come un allontanamento da una condizione di equilibrio-armonia.

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Il Coaching è pertanto un processo che si svolge innanzitutto all’interno di una Relazione Facilitante tra il Coach e il Coachee, nella quale la persona è accompagnata nella ricerca di una più ampia dimensione di Consapevolezza, a supporto di una nuova capacità di scelta Autonoma e di Responsabilità agita, nel segno del proprio Benessere e dell’Autorealizzazione personale.

Esiste una “Formula del Coaching” originaria, ed è quella proposta a metà degli anni ’70 dall’istruttore di tennis Timothy Gallwey (oggi considerato il padre del Coaching) per la quale la Prestazione (individuale o di team) è ottenuta dall’interazione tra l’utilizzo del potenziale disponibile con l’azione limitante delle interferenze interne ed esterne.

Prestazione = potenziale – interferenze

Da questa formula si evince che per tendere ad una prestazione eccellente occorre agire in due direzioni: sviluppare il potenziale e limitare le interferenze.

In quanto metodo, il Coaching si fonda e basa la sua efficacia su:

  • Relazione facilitante: una relazione volta a stabilire un’alleanza, una collaborazione ed un patto di lavoro tra due soggetti: il Coach e il/i Coachee.

  • Sviluppo del potenziale: l’individuazione, l’allenamento e l’utilizzo del potenziale della persona o del gruppo.

  • Gestione delle interferenze: la presa di coscienza, la gestione e la trasformazione delle interferenze (interne/esterne) della persona o del gruppo.

  • Lo sviluppo della consapevolezza e della responsabilità: un cammino di crescita nella conoscenza di sé e del proprio ambiente, nella capacità di scelta e nella responsabilità agita.

  • Obiettivi e piani d’azione: per la trasformazione di una richiesta di cambiamento o di miglioramento, in obiettivi concretamente perseguiti.

  • Monitoraggio: il monitoraggio dei risultati attraverso fasi di report e di restituzione di feedback.

 

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Il Mental training è l'allenamento mentale costituito da un nsieme di tecniche mirate alla gestione e/o cambiamento di vissuti psicologici ed esperienze di vario tipo (interne, esterne, mentali, fisiche) di un atleta. Per ottenere buoni risultati in una competizione sportiva occorrono una condizione fisico-atletica ottimale, una accurata preparazione tecnico-tattica, tanta volontà e passione ma è sempre più indispensabile anche un buon equilibrio emotivo e un bagaglio di specifiche abilità e strategie mentali efficaci.

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All’interno della cornice teorica del gioco psicomotorio e della psicomotricità relazionale, sostenuta anche dai più recenti studi delle scienze motorie e della pedagogia sportiva, viene a delinearsi una prospettiva di intervento che prende forma come intrattenimento educativo (edutainment) gioco-motorio sportivo; un metodo operativo che, attraverso l’attività ricreativa, il gioco-il movimento-lo sport, permette di progettare e sviluppare interventi educativi mirati allo sviluppo delle Abilità di Vita (le Life Skills, quelle competenze specifiche dell’Intelligenza Emotiva).​

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La Psicologia del Benessere è un ambito della psicologia che si occupa di studiare in modo scientifico ciò che ci fa stare bene, essere felici e vivere una vita piena e appagante. A differenza delle aree più tradizionali della psicologia, che spesso si concentrano sulla diagnosi e sul trattamento del disagio o dei disturbi mentali, la psicologia del benessere si focalizza su ciò che funziona, su ciò che ci rende più forti, resilienti e soddisfatti della nostra esistenza.

Il suo obiettivo principale non è semplicemente “far star meglio” chi sta male, ma aiutare tutte le persone – indipendentemente dalla loro condizione – a costruire una vita più significativa, ricca e positiva. Questo significa esplorare e potenziare aspetti come la felicità, l’autorealizzazione, le relazioni positive, la motivazione personale, il senso di scopo e la capacità di affrontare con efficacia le sfide quotidiane.​​

La psicologia del benessere si basa su una serie di domande fondamentali:

  • Cosa rende la vita degna di essere vissuta?

  • Quali sono i fattori che ci fanno sentire bene con noi stessi e con gli altri?

  • Come possiamo aumentare la nostra soddisfazione, la nostra energia e il nostro coinvolgimento nelle attività quotidiane?

  • Come possiamo affrontare lo stress e le difficoltà senza perdere equilibrio?

Per rispondere a queste domande, questa disciplina indaga numerosi aspetti della vita umana, tra cui:

  • Le emozioni positive, come la gioia, la gratitudine, la speranza.

  • Il senso di realizzazione personale, cioè il sentirsi utili, capaci, in crescita.

  • Le relazioni significative, che danno sostegno, vicinanza e senso di appartenenza.

  • La presenza di uno scopo o significato nella vita.

  • La capacità di vivere il presente con attenzione e consapevolezza (

Uno dei grandi contributi della psicologia del benessere è quello di aver spostato l’attenzione da una visione “riparativa” della mente umana – che guarda solo ai problemi – a una visione proattiva e potenziante, che mira a far crescere le persone nella loro interezza.

Questo approccio si basa su una convinzione chiave: tutti, anche chi non ha particolari difficoltà psicologiche, possono migliorare la qualità della propria vita attraverso la conoscenza di sé e l’allenamento di specifiche abilità mentali ed emotive.​​

Tra i principali riferimenti teorici e autori troviamo:

  • Martin Seligman, fondatore della psicologia positiva, con il modello PERMA (che include emozioni positive, coinvolgimento, relazioni, significato e risultati).

  • Carol Ryff, che ha identificato sei dimensioni fondamentali del benessere psicologico, tra cui autonomia, accettazione di sé e crescita personale.

  • Abraham Maslow, con la sua nota gerarchia dei bisogni culminante nell’autorealizzazione, ossia la piena espressione del potenziale individuale.​

La psicologia del benessere ha numerose applicazioni pratiche:

  • Nella vita quotidiana, con pratiche come la gratitudine, la meditazione, la definizione di obiettivi significativi, l’autocompassione.

  • Nel lavoro, attraverso programmi per il benessere organizzativo e la prevenzione del burnout.

  • A scuola, per promuovere il benessere emotivo degli studenti e il clima relazionale.

  • Nel supporto psicologico, affiancando o integrando gli approcci tradizionali per favorire la crescita personale.​

La psicologia del benessere ci invita a guardare dentro di noi per scoprire non solo cosa ci manca, ma anche cosa abbiamo già e che possiamo valorizzare, coltivare e far crescere. Ci incoraggia a costruire una vita che non sia solo priva di sofferenza, ma ricca di significato, connessioni autentiche e soddisfazione profonda.

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​La Psicologia dell’Abitare e degli Spazi di Lavoro è una branca applicativa della psicologia ambientale che studia l’interazione tra le persone e gli spazi fisici in cui vivono e lavorano. L’obiettivo è comprendere come l’ambiente influisce sul benessere psicologico, sul comportamento, sulle relazioni sociali e sulla qualità della vita, e viceversa: come le persone progettano, vivono e danno significato agli spazi.​

La psicologia dell’abitare si occupa di analizzare il rapporto emotivo, simbolico e funzionale che le persone hanno con la propria casa e gli spazi domestici. Non si tratta solo di studiare l’arredamento o l’estetica, ma di capire:

  • Come lo spazio domestico influisce su identità, sicurezza, intimità e benessere.

  • In che modo la disposizione degli ambienti e l’organizzazione degli oggetti contribuiscono a creare comfort, ordine mentale e relazioni familiari armoniose.

  • Quali bisogni psicologici soddisfa la casa (es. privacy, appartenenza, controllo).

  • Come cambiano le esigenze abitative nel tempo (famiglia, età, lavoro da remoto, ecc.).

In sostanza, la casa è vista come uno spazio che non è solo fisico, ma anche psicologico e relazionale, una sorta di estensione del sé.​

La psicologia degli spazi di lavoro studia come le caratteristiche fisiche e organizzative degli ambienti professionali influenzano:

  • La produttività e la performance.

  • La motivazione e la soddisfazione lavorativa.

  • La creatività, la concentrazione e il benessere mentale.

  • Le relazioni tra colleghi, la collaborazione e la comunicazione.

  • Lo stress lavorativo e il rischio di burnout.

Alcuni aspetti rilevanti sono:

  • Il layout dello spazio (open space vs uffici chiusi).

  • La luce naturale, il rumore, la temperatura, i colori, l’arredo.

  • La possibilità di personalizzare la postazione.

  • La presenza di spazi per il relax o la socializzazione.

  • L’equilibrio tra privacy e interazione.

Con l’evoluzione del lavoro, soprattutto dopo l’espansione dello smart working, è diventato centrale anche lo studio degli spazi ibridi (casa-ufficio, coworking, ecc.) e dell’equilibrio tra vita professionale e personale.

Obiettivi comuni della disciplina:

  • Progettare spazi più umani e inclusivi, che favoriscano il benessere.

  • Ridurre il disagio ambientale (stress da rumore, sovraffollamento, mancanza di luce, ecc.).

  • Promuovere la salute mentale e relazionale attraverso l’ambiente.

  • Aiutare architetti, designer, urbanisti e datori di lavoro a creare ambienti “psicologicamente intelligenti”.​

​​La psicologia dell’abitare e degli spazi di lavoro ci insegna che non viviamo semplicemente in uno spazio: lo abitiamo con la mente, con le emozioni e con il corpo. Ogni ambiente che frequentiamo può aiutarci a stare meglio, lavorare meglio e vivere meglio — oppure, al contrario, può diventare una fonte di stress, isolamento o malessere.

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L’Edutainment è un termine nato dalla fusione delle parole education (educazione) e entertainment (intrattenimento), e indica un approccio educativo che combina apprendimento e divertimento.​

​​L’obiettivo dell’edutainment è insegnare contenuti o competenze in modo coinvolgente, sfruttando tecniche proprie dell’intrattenimento per aumentare la motivazione, l’interesse e la partecipazione attiva delle persone.​

​Invece di proporre contenuti in modo tradizionale e spesso passivo (come le lezioni frontali), l’edutainment usa giochi, video, storie, simulazioni, esperienze interattive, musica o media digitali per rendere l’apprendimento più piacevole ed efficace.​​

Dove si usa l’edutainment?

  • Nella scuola: attraverso attività ludiche, storytelling, video educativi, laboratori esperienziali.

  • Nella formazione aziendale: con gamification, simulazioni di situazioni reali, quiz interattivi.

  • Nei musei e centri culturali: grazie a percorsi interattivi, realtà aumentata o mostre immersive.

  • Nei media: cartoni animati educativi, documentari con taglio narrativo, app didattiche.

  • Nell’educazione informale: programmi TV, podcast o giochi che trasmettono contenuti educativi.​​

Perchè funziona?

  • Stimola la curiosità e l’attenzione.

  • Favorisce la memorizzazione, perché legato all’esperienza emotiva.

  • Rende l’apprendimento attivo, non passivo.

  • Aiuta a superare la noia o la resistenza verso temi complessi o impegnativi.

  • Adatta i contenuti a diversi stili di apprendimento, soprattutto nei bambini e nei giovani.​

​​L’edutainment è un modo creativo ed efficace per insegnare senza annoiare, e per coinvolgere le persone nell’apprendimento trasformandolo in un’esperienza positiva, significativa e memorabile.

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La Psicologia del Gioco e dello Sport è una disciplina che si occupa di studiare i processi mentali, emotivi e comportamentali legati sia all’attività ludica (il gioco) sia alla pratica sportiva, a tutti i livelli (dilettantistico, scolastico, professionale).

Pur trattandosi di due ambiti diversi, gioco e sport condividono numerose dinamiche psicologiche, come la motivazione, la gestione delle emozioni, la relazione con l’altro, la costruzione dell’identità e il ruolo delle regole. Questa psicologia applicata aiuta a comprendere come il gioco e lo sport influenzano lo sviluppo della persona, il benessere psicologico e la prestazione.

La psicologia del gioco studia il significato, le funzioni e gli effetti del gioco nel corso della vita, in particolare nell’infanzia, ma anche nell’adolescenza e nell’età adulta.

Cosa analizza?

  • Il gioco come strumento di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.

  • Il gioco simbolico e di finzione come modalità per elaborare emozioni o situazioni complesse.

  • Il gioco libero vs. il gioco strutturato.

  • Il ruolo del gioco nel rafforzare l’autostima, la creatività, l’empatia.

  • Il gioco come linguaggio privilegiato nei contesti educativi e terapeutici, specialmente con bambini.

Ambiti applicativi:

  • Psicologia dell’età evolutiva

  • Psicoterapia infantile (play therapy)

  • Educazione e didattica

  • Inclusione e mediazione nei gruppi​

La psicologia dello sport si concentra sugli aspetti mentali e comportamentali legati alla pratica sportiva, con l’obiettivo di migliorare le prestazioni, promuovere il benessere degli atleti e gestire gli aspetti relazionali e motivazionali dello sport.

Temi principali:

  • Motivazione e obiettivi

  • Gestione dello stress e dell’ansia da prestazione

  • Autoefficacia e fiducia in sé

  • Concentrazione e controllo emotivo

  • Recupero da infortuni e resilienza mentale

  • Dinamiche di squadra, leadership e comunicazione

  • Burnout e drop-out sportivo

A chi si rivolge?

  • Atleti (professionisti e amatoriali)

  • Allenatori

  • Squadre sportive

  • Genitori di giovani atleti

  • Dirigenti sportivi

Tecniche e strumenti usati:

  • Training mentale

  • Visualizzazione

  • Tecniche di rilassamento

  • Goal setting (definizione degli obiettivi)

  • Coaching motivazionale​

Anche se gioco e sport sono diversi per struttura, obiettivi e contesto, la psicologia li studia entrambi perché:

  • Sono forme fondamentali di espressione umana.

  • Sviluppano abilità emotive, cognitive e sociali.

  • Possono essere strumenti potenti di crescita personale, educativa e relazionale.

  • Sono spesso usati in percorsi terapeutici, educativi e riabilitativi.

La psicologia del gioco e dello sport esplora come mente e corpo interagiscono nelle attività ludiche e sportive, aiutando bambini, adolescenti e adulti a sviluppare capacità, affrontare sfide e migliorare il proprio benessere e le proprie prestazioni, sia nella vita quotidiana che in contesti competitivi.​

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La Psicologia delle Risorse Umane è il ramo della psicologia che studia il comportamento delle persone nel contesto lavorativo e applica le conoscenze psicologiche per migliorare sia l’efficacia organizzativa sia il benessere dei lavoratori.

In altre parole, unisce la scienza della mente e del comportamento con le pratiche di gestione del personale.

Ecco i principali ambiti che tocca:

  • Selezione e valutazione – creare strumenti e metodi (colloqui, test psicometrici, assessment center) per individuare i candidati più adatti.

  • Formazione e sviluppo – progettare interventi che favoriscano apprendimento, motivazione e crescita professionale.

  • Motivazione e coinvolgimento – studiare cosa spinge le persone a dare il meglio e come mantenere alto il loro engagement.

  • Leadership e dinamiche di gruppo – capire come i leader influenzano i team e come migliorare la collaborazione.

  • Benessere e prevenzione dello stress – promuovere la salute psicologica, prevenire burnout e conflitti.

  • Clima e cultura organizzativa – analizzare valori, norme e percezioni che caratterizzano l’ambiente di lavoro.

  • Gestione del cambiamento – accompagnare le persone durante trasformazioni aziendali complesse.

Rispetto alla gestione delle risorse umane (che è più manageriale e organizzativa), la psicologia delle risorse umane si concentra di più sugli aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali delle persone, usando metodi scientifici per supportare decisioni e interventi.

 

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La Psicologia della Gestione del Cliente è l’applicazione di principi e conoscenze psicologiche al modo in cui un’azienda o un professionista interagisce, comunica e costruisce relazioni con i propri clienti, con l’obiettivo di:

  • Comprendere i bisogni, le motivazioni e le aspettative delle persone.

  • Comunicare in modo efficace e persuasivo, adattando il messaggio al profilo del cliente.

  • Creare fiducia e fidelizzazione, riducendo conflitti e incomprensioni.

  • Gestire le emozioni, sia quelle del cliente che quelle dell’operatore.

In pratica, combina elementi di psicologia sociale, psicologia delle relazioni, psicologia della comunicazione e psicologia delle vendite per migliorare:

  • Accoglienza e primo contatto (far sentire il cliente compreso e rispettato).

  • Ascolto attivo (capire non solo cosa dice, ma anche ciò che sottintende).

  • Gestione delle obiezioni (rispondere con empatia e logica).

  • Esperienza del cliente (creare interazioni positive e memorabili).

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Edmund Jacobson sviluppò negli anni ’20 la tecnica del Rilassamento Muscolare Progressivo (PMR), e nel 1929 pubblicò Progressive Relaxation e successivamente Tension Control for Businessmen. L’obiettivo: aiutare i professionisti a risparmiare energia mentale e fisica per preservare salute ed efficienza.

Teorie di base

  • Tensione come “spesa energetica”
    Jacobson paragona la tensione a un esborso di energia: è facile risparmiare denaro, ma l’energia sprecata può compromettere il benessere personale.

  • Meccanismi della tecnica
    PMR si basa su una sequenza di contrazione e rilascio di gruppi muscolari (tipicamente 14), sviluppando la sensibilità tra condizioni di tensione e rilassamento.

Impatto e benefici

  • Efficacia documentata
    PMR riduce stress, migliora il sonno, allevia mal di testa, insonnia, ipertensione, ansia, dolori muscolari e altro.

  • Effetti psicofisiologici
    Studi evidenziano diminuzione del cortisolo, calo dell’attività elettrodermica e riduzione dell’ansia e depressione, sia a breve che lungo termine.

Conclusione

Integrare la PMR nella routine professionale permette di:

  • Conservare energia mentale e autoefficacia.

  • Prevenire patologie da stress e mantenere lucidità nelle decisioni.

  • Creare una cultura personale di benessere.

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